Forse giustamente o forse eccessivamente, ovunque non si parla d’altro; tv, internet, persino luoghi virtuali solitamente deputati ad altro. Il covid-19 impera. La mia sensazione è che questo serva anche a mantenere lo stato di terrore necessario affinché la maggior parte della popolazione si attenga scrupolosamente alle norme di sicurezza. Là dove l’intelligenza non arriva, forse può la paura di morire? Proviamo per un attimo a pensare se non esistessero i media, internet stesso: che cosa resterebbe per informarci sulla minaccia? Il passaparola, forse. O l’auto della protezione civile che con costanza e frequenza attraversa città e paesi con l’invito imperioso a restare a casa. Di certo, non c’era questa nei secoli scorsi, quando altre epidemie hanno toccato pesantemente Palermo. C’erano, senz’altro, omologhi alternativi, magari persone che giravano via per via a portare la nefasta notizia.
Oggi è il covid-19; un tempo era il colera o la più temuta peste. O l’una o l’altra, Palermo ha già conosciuto il terrore e il contagio mortale. Quello che mi colpisce, leggendo le vecchie cronache, è che da un certo punto di vista alcune cose sono rimaste uguali. Non certo – per fortuna – la preparazione medica, le strutture sanitarie e le conoscenze scientifiche! Certi atteggiamenti, piuttosto, o certi fattori umani. Per .itPalermo ho scritto un articolo proprio su questo, sulle caratteristiche simili attraverso le epidemie. Per farlo, ho paragonato la tragedia attuale con altre due che hanno colpito Palermo nell’antichità. E, così facendo, ho anche scoperto la straordinaria figura di Gian Filippo Ingrassia.

<<La condizione insulare della Sicilia non l’ha mai in realtà protetta dalle invasioni, che fossero di guerrieri o di agenti patogeni. Così fra prescrizioni e loro violazioni, fra paure e flashmob, fra voci di corridoio e comunicazioni ufficiali, anche Palermo fronteggia il fatidico coronavirus. Qualcuno fra i Palermitani avrà fino all’ultimo sperato che non arrivasse in Sicilia. In molti, invece, hanno subito intuito che sarebbe soltanto stata questione di “quando” e non di “se”. Alcuni fra i nostri concittadini pensano ancora che si stia esagerando e li vediamo adottare comportamenti scriteriati, tali da mettere a rischio loro e altri. La storia, però, ci racconta di molte epidemie a Palermo, con i due grandi protagonisti delle stragi cieche: il colera e poi lei, la Signora Morte nera – la Peste.
Peste e colera fra le epidemie a Palermo
Nei secoli scorsi, è facile comprenderlo, le epidemie non erano insolite, anzi erano eventi ciclici cui la popolazione era in qualche modo familiare. Dall’antichità fino alla cosiddetta influenza spagnola del 1918/20, le epidemie – o peggio le pandemie – erano tsunami che travolgevano l’umanità e i modesti baluardi che le vecchie conoscenze opponevano. La spagnola provocò il numero di vittime più alto e terribile della storia – talmente tante da essere difficilmente stimabili fra 50 e 100 milioni. E poté raggiungere persino isole sperdute dell’Oceano pacifico, come anche dell’Artico! Una sorta di globalizzazione ante litteram. A lei seconda, per primato, solo la famosa Peste Nera del XIV secolo che – nata in Cina – attraversò il mondo e giunse persino in Sicilia. Come altre:le epidemie di peste più famose e che colpirono anche Palermo furono quelle del 1575, del 1624-25 e del 1775-76.
Il colera, dal potenziale meno devastante, non ha risparmiato la nostra città, colpendola particolarmente nel 1837, nel 1854.55, nel 1866-67 e nel 1855-87. Fra tutte queste storiche epidemie a Palermo, oggi vogliamo raccontarvene due in particolare, connesse a due personaggi eccellenti della nostra storia. La prima, naturalmente e immancabilmente, è legata a Santa Rosalia. La seconda è connessa ad un uomo il cui nome – nella memoria odierna – è legato soltanto ad un ospedale della città, mentre scopriremo la sua genialità: il medico Gian Filippo Ingrassia.>>